#alt poety
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Passenger
I’ve died again
Feel myself
crumbling within
I don’t know who that is
looking back at me in the bathroom
They’re a stranger
that acts like me
sounds like me
looks like me
but I don’t know who they are
When did that person
take over my body
I’m looking down at my hands
and it feels like I am lost in a dream
Watching someone else
walk inside my skin,
trapped behind my eyes
and wondering when
I’ll live again
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Butchered
I wake up every day in hopes maybe something Will change. Plaster on a happy face, I wait for them to tell Me what parts they cannot stand Today. Once again, I am too flirtatious, A sarcastic mouth Who is too impatient. Their voices drumming In my head... Using their sound as my courage I begin Marking parts of my body With velvet indigo ink, Taking the scalpel Gently I Begin to cut away Every part of me that they loathe, one more slice maybe this time They will think I am nice, issue is, I’ve never been very precise. Each cut I make never seems to be Enough... Butchered, Awaiting their approval. Bleeding out All the parts Of my existence…
A Poem By- Helen Lorane
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Janus Estuaries Vol. 3, 1.5.24 “Panhandle Busk"
We do not stop To drop a single, crumpled, tattered, unused dollar bill Into the streetside performer’s hungry tips For in their scraps, their elegance We do not see Refuse to see Any more than beggars; poor Noise and nuisance Inconvenient to the day So we do not stop and listen To the well rehearsed movements How can a value be ascribed To what can barely be described We do not stop To think of hours spent The minutes, days, the years Overcoming ridicule and fear To show something true and near We pull our phones and record the show And share with our all friends Look down Look down At the starving, ravenous box for tips Are they not worth loose change? Enough to wish to share To remember Not enough to pay What is the value Of one who seems to lack values
@env0writes C.Buck Ko-Fi & Venmo: @Zenv0 Support Your Local Artist! Photo by @env0
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“L’Infinito” di Giacomo Leopardi Idillio introdotto, letto e commentato da Lapo Lani
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Museo Casa Rurale di Carcente
Comune di San Siro (CO)
Sabato 1 luglio, ore 21:00
(In caso di maltempo la lettura verrà rinviata a sabato 8 luglio, ore 21:00)
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«Dicono i poeti che la disperazione ha sempre nella bocca un sorriso» [1]. Il linguaggio della poesia si muove attraverso l’immaginazione [2], esprimendosi con un linguaggio vago, incerto, indeterminato, servendosi di metafore, metonimie, paragoni, catacresi, figure di dizione. Il poeta fa fatica a esprimere la bellezza e la forza della natura, e non può farlo se non con parole quasi accidentali. Il 18 luglio del 1821, Leopardi scrive nei “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura” [3]: «Il principio delle cose, e Dio stesso, è il nulla. Giacché nessuna cosa è assolutamente necessaria, cioè non v’è ragione assoluta perch’ella non possa non essere, o non essere in quel tal modo» [4]. Solo l’immaginazione, portando il pensiero dell’uomo verso l’indeterminato e l’infinito, dà conforto e sollievo. «Hanno questo di proprio le opere di genio, che quando anche rappresentino al vivo la nullità delle cose, quando anche dimostrino evidentemente e facciano sentire l’inevitabile infelicità della vita, quando anche esprimano le più terribili disperazioni, tuttavia ad un’anima grande che si trovi anche in uno stato di estremo abbattimento, disinganno, nullità, noia e scoraggiamento della vita, o nelle più acerbe e mortifere disgrazie (sia che appartengano alle alte e forti passioni, sia a qualunque altra cosa); servono sempre di consolazione, raccendono l’entusiasmo, e non trattando né rappresentando altro che la morte, le rendono, almeno momentaneamente, quella vita che aveva perduta. E così quello che veduto nella realtà delle cose, accora e uccide l’anima, veduto nell’imitazione o in qualunque altro modo nelle opere di genio, apre il cuore e ravviva» [5]. Credere che le cose siano nulla, significa credere che il divenire, ovvero ciò che appare esistente, sia niente. Questo pensiero – fondamento del nichilismo, l’essenza della modernità – segna il confine più estremo mai raggiunto dalla filosofia dell’Occidente. Leopardi apre la strada che verrà percorsa dalla cultura contemporanea nell’ultimo suo atto. La scienza e la tecnica sono i due maggiori interpreti di questo orizzonte, in cui il divenire è un processo che esclude la relazione tra le cause e gli effetti degli accadimenti: ogni cosa nasce dal nulla e ritorna nel nulla. La tecnica ha come scopo l’incremento indefinito degli scopi, senza poterli prevedere né conoscere; la scienza procede con metodi statistici, probabilistici, considerando presunto e ipotetico l’evento che accadrà. In ambedue i casi si opera all’interno del concetto di soggettività, profondamente radicato nel pensiero moderno: il “sistema” [6] delle cose che noi conosciamo è la loro relazione, il loro co-esistere. Questa convinzione ha sostituito quella per cui il sistema delle cose che noi conosciamo è epistème [7], ovvero lo scenario in cui è possibile giudicare e conoscere le cose al di là del puro fatto reale. L’epistème è la conoscenza “vera” di ciò che sta sopra l’accadimento dei fatti. Per un lungo periodo l’oggetto dell’epistème si è chiamato Dio: quell’Essere immutabile ed eterno che comprende e giustifica il divenire, ed è “sempre salvo” dal nulla. Come scrive Leopardi, la modernità è l’era del disincanto, in cui la ragione, nella sua forma più radicale, mostra l’impossibilità di sperare: «Il tempo delle grandi illusioni è finito» [8]; «Questa vita è una carneficina senza immaginazione» [9]. Se l’indeterminatezza e l’incertezza sono, per natura, le maggiori fonti della felicità, la scienza, avendo definito i confini delle cose, avendo quindi oltrepassato l’indefinito, limita la speranza, le illusioni, la vita. La scienza distrugge l’indeterminatezza, quindi porta all’infelicità e alla noia. Questa è la vita nell’èra moderna, nell’èra della matematica: «Che piacere o felicità o conforto ci può somministrare il vero, cioè il nulla?». Poi Leopardi prosegue, con un tono tanto inquietante quanto profetico: «Le quali cose [la ragione e il pensiero matematico, che rendono evidente la nullità di tutte le cose] se ridurranno finalmente gli uomini a perder tutte le illusioni, e le dimenticanze, a perderle per sempre, ed avere davanti agli occhi continuamente e senza intervallo la pura e nuda verità, di questa razza umana non resteranno altro che le ossa, come di altri animali di cui si parlò nel secolo addietro. Tanto è possibile che l’uomo viva staccato affatto dalla natura, dalla quale sempre più ci andiamo allontanando, quanto che un albero tagliato dalla radice fiorisca e fruttifichi. Sogni e visioni. A riparlarci di qui a cent’anni. Non abbiamo ancora esempio nelle passate età, dei progressi di un incivilimento smisurato, e di uno snaturamento senza limiti. Ma se non torneremo indietro, i nostri discendenti lasceranno questo esempio ai loro posteri, se avranno posteri» [10]. E ancora: «Si dice con ragione che al mondo si rappresenta una Commedia dove tutti gli uomini fanno la loro parte. Ma non era così nell’uomo in natura, perché le sue operazioni non avevano in vista gli spettatori e i circostanti, ma erano reali e vere» [11]. «Così tra questa / immensità s’annega il pensier mio: / e il naufragar m’è dolce in questo mare» [12]; ovvero: «Sunt lacrimae rerum: et mentem mortalia tangunt» [13]. («Sono le lacrime delle cose, e le cose mortali toccano i cuori».) Lapo Lani Milano, febbraio 2023
Note: [1] Giacomo Leopardi, “Dialogo di Timandro e di Eleandro", scritto nel 1824. Il dialogo fu pubblicato come epilogo della 1ª edizione di "Operette morali"; editore Antonio Fortunato Stella, 1827. [2] Dal latino imaginatio -onis, forma di pensiero che, senza seguire regole predeterminate o nessi logici, si esprime attraverso l’elaborazione di immagini in grado di rappresentare una realtà affettiva. [3] “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura”, altrimenti conosciuto come “Zibaldone” o “Zibaldone di pensieri”, scritto da Giacomo Leopardi tra il 1817 e il 1832. La numerazione relativa ai pensieri citati, riportata tra parentesi a termine delle note di seguito elencate, fa riferimento all’edizione Feltrinelli del 2019: “Zibaldone di pensieri. Nuova edizione tematica condotta sugli indici leopardiani”. [4] Giacomo Leopardi, “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura”, pensiero scritto il 18 luglio 1821 (1341,1). [5] Giacomo Leopardi, “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura”, pensiero scritto il 4 ottobre 1820 (259,1). [6] La parola deriva dal greco ed è composta dalla preposizione sýn- (“con”, “insieme”) e dal verbo histemi (“stare”); quindi “stare insieme”. [7] La parola epistème deriva dal greco (ἐπιστήμη) ed è composta dalla preposizione epì- (“su”) e dal verbo histemi (“stare”); quindi “stare sopra”. L'epistème designa la conoscenza certa e incontrovertibile delle cause e degli effetti del divenire, ovvero quel sapere che intende porsi “al di sopra” di ogni possibilità di dubbio attorno alle ragioni degli accadimenti. [8] Giacomo Leopardi, “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura”, (83,3). [9] Giacomo Leopardi, “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura”, pensiero scritto il 26 giugno 2020 (137,1). [10] Giacomo Leopardi, “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura”, pensiero scritto tra il 18 e il 20 agosto del 1820. [11] Giacomo Leopardi, “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura”, pensiero scritto il 21 agosto del 1820. [12] Giacomo Leopardi, epilogo dell’idillio “L’Infinito”, 1818-1819. [13] Virgilio, “Eneide”, Libro I, verso 465.
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Copertina: "L’infinito”.
Disegno di Lapo Lani, realizzato con colori acrilici su carta bianca, e successivamente elaborato con processi digitali. Dimensioni: cm 26x34. Anno: febbraio 2023. Collezione privata.
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Alda Merini si rivolge ai «giovani pieni di speranza gelida, che poi diventerà amore» con un appello essenziale:
«Soprattutto amate i poeti.
Essi hanno vangato per voi la terra
per tanti anni, non per costruire tombe,
o simulacri, ma altari».
I poeti scavano nel proprio mondo interiore per restituirci parole di verità, consolazione e conforto. E’ un lavoro duro e pericoloso scendere negli abissi dell’anima, non si sa cosa si può scoprire; i poeti smuovono la terra di traumi rimossi, i drammi o la banalità di un mondo spesso infelice e limitato, per allargare gli orizzonti della nostra visione, per fissare la memoria, per consacrare come su un altare desideri, passioni, ideali e sogni, anche quelli inconfessabili.
«Pensate che potete camminare su di noi
come su dei grandi tappeti e volare
oltre questa triste realtà quotidiana»
I poeti sono dei padri che ci consegnano un’eredità preziosa e delicata. Nella società dei consumi le prime ad essere consumate sono le parole, perse in una quantità di oggetti in un mondo inabitabile, che rende la custodia del pensiero sempre più difficile. Solo la poesia può preservare dall’oblio, può ridare il nome alle cose per le quali e con le quali vale la pena vivere.
«Sappiate da un poeta
che l’amore è una spiga d’oro
che cresce nel vostro pensiero.
Esso abita le cime più alte.
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i love editing poety so much . wait. example time!
the glow-up feels good, actually... on the left the first draft and on the right after a few rounds of edits. it uses a rhyming scheme i've come to love a lot! instead of a - a - b - b it's a - ab - bc - cd, condensing a lot of rhymes making the words feel more... intentional? love it. image id in alt txt.
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A La Spezia torna la Notte Bianca
A La Spezia torna la Notte Bianca. Sabato 16 settembre l’Amministrazione Peracchini, in occasione della Golfo dei Poeti Cup che si svolge dal 9 al 17 settembre, ha organizzato la Notte Bianca. Una kermesse di eventi, occasioni di incontro e festeggiamento per vivere il centro città fino a notte e che proporrà un ricco programma a base di musica, animazioni, spettacoli per grandi e piccini, dj set, musical e molto altro. “La Notte Bianca alla Spezia è un’altra bella occasione di divertimento che abbiamo voluto organizzare per salutare l’estate – dichiara il Sindaco della Spezia Pierluigi Peracchini - Ci prepariamo all’autunno e all’inverno con tante altre novità. La Spezia è una città viva, in crescita che non smetterà di fornire occasioni culturali e di intrattenimento per tutte le fasce d’età come una città come la nostra, che sta facendo del turismo uno dei suoi potenziali, deve essere in grado di fare.” Dalle 19.30 la città inizierà ad animarsi grazie alle “Farfalle luminose” che attraverseranno le vie del centro. Alte figure angeliche dalle ampie ali illuminate da led percorreranno le vie del centro città, creando un contesto magico e incantato. Le artiste volteggeranno nell’aria e saranno accompagnate da un avvenente carro con musica di complemento e una acrobata con esibizioni e figure al cerchio. Sempre dalle ore 19:30 in PIAZZA CAVOUR l’incredibile show di magia e di bolle dedicato ai più piccoli con il Mago Panna, meglio conosciuto anche come il “bidello” della famosa trasmissione televisiva BACK TO SCHOOL di Italia 1, che intratterrà il pubblico presente con un fantastico spettacolo di bolle e di magia. A seguire il tribute live a FROZEN intitolato “Anna ed Elsa – La regina ed il suo regno di ghiaccio”. Un Musical ispirato all’omonimo cartone animato di grande successo, uno spettacolo di grande impatto visivo e sonoro, sia per le scene recitate e cantate, sia per le scenografie, progettate e ricostruite sul ledwall, con bellissimi effetti scenici, che permetteranno ai bambini, di rivivere il sogno nel mondo delle favole. Il tutto è interpretato da attori e cantanti professionisti, che con le loro esibizioni musicali e recitate, creeranno un’atmosfera magica e suggestiva. Al temine gli attori in costume saranno disponibili per scattare selfie con i bambini. In PIAZZA MENTANA, aperura musicale dalle ore 19:30 con Samuele Borsò, cantante e chitarrista fingerstyle, ha suonato in migliaia di concerti in tutta Italia. Ha trionfato nel talent tv di Mediaset I.BAND. Ha vinto anche l'Acoustic Guitar Meeting di Sarzana. Alle ore 21.40 l’animazione e magia comica di KAGLIOSTRO, un originale show man che, con uno stile unico, fonde umorismo e fantasia coinvolgendo in prima persona il pubblico che lo assiste per tutto lo show. Con la sua comicità serrata, abbinata a esilaranti giochi di prestigio lascia increduli gli spettatori e produce tante grandi risate. Alle ore 23 gli “80 TRASH PARTY”, ci portano indietro nel tempo ; quattro musicisti che uniscono pop, funk, rock e dance nelle rivisitazioni delle migliori hit italiane degli anni 80. Uno spettacolo da vivere tutto d'un fiato e cantare abbandonando ogni pudore! 80 Trash Party, il tributo assoluto agli splendidi anni ’80. Dalle ore 21:30 in PIAZZA VERDI DJ set e animazione con Mitch ,Ylenia e Fabio Liuzzi di Radio 105, protagonisti del programma radiofonico “TUTTO ESAURITO”. Un’ondata di energia e divertimento per il pubblico, gadget ufficiali di RADIO 105.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Custodi di arte e fede: Cattedrale di Westminster
Con il suo stile gotico l’abbazia di Westminster, nel centro di Londra, è la storica sede delle incoronazioni e delle sepolture dei monarchi britannici. L’abbazia venne chiamata così per distinguerla da St. Mary of the Graces, situata a est del parlamento di Londra e sede di un monastero cistercense, la sua costruzione venne promossa da Edoardo il confessore, per adempiere a un voto fatto quando si trovava in Normandia, se Dio se lo avesse riportato al trono d’Inghilterra avrebbe compiuto un pellegrinaggio a Roma. Una volta re Edoardo non poté compiere il pellegrinaggio e chiese al Papa come fare per esser dispensato dal voto, proposta che sfociò nella decisione della costruzione di un monastero dedicato a San Pietro. Il luogo prescelto per la nuova chiese fu Thorney Island sul Tamigi dove esisteva dal 616 un piccolo santuario, in onore di un pescatore che aveva avuto una visione di San Pietro, infatti il 29 giugno da sempre i pescatori del Tamigi portano in dono a San Pietro un salmone, poi ricevuto dall’abate di Westminster. Il santuario verso il 970 venne ampliato con la costruzione di un convento benedettino da parte di San Dunstano. Re Edoardo nel 1045 iniziò la costruzione di una grandiosa chiesa in stile romanico consacrata nel 1065, ma nel 1298 un incendio la distrusse e venne ricostruita in stile gotico - francese dal re Enrico III che affidò i lavori all’architetto Henri de Reims. Nel 1376 la navata fu rifatta dall’architetto Henri Yevele, che curò anche la Torre di Londra e il Palazzo di Westminster, nel 1506 venne realizzato il soffitto a volta e la facciata neogotica con le 2 torri alte 68 metri. Con i regni di Enrico VII e Enrico VIII, venne costruita la Lady Chapel, oggi chiamata cappella Enrico VII, dove lavorarono artisti italiani tra i quali lo scultore Torrigiano. Larga 34 metri e lunga ben 156 metri, l’abbazia di Westminster ha la navata gotica più lunga del regno, simbolo dell’unità e della forza inglese, che raccoglie la memoria degli eventi della storia, infatti la cappella di San Giorgio è dedicata ai caduti della prima guerra mondiale,mentre a sinistra è posto il più antico ritratto di un sovrano, cioè quello di Riccardo II che risale al XIV secolo. All’ingresso della navata centrale c’è la tomba del Milite Ignoto e una lapide ricorda Sir Winston Churchill, inoltre vi sono collocate le tombe di alcuni architetti del XIX secolo e dell’esploratore David Livingstone. La navata destra presente una lapide sul pavimento in onore del fondatore dello scautismo Robert Baden-Powell e di sua moglie Olave, oltre a una serie di busti e rilievi raffiguranti vari personaggi inglesi. Nella terza navata c’è il monumento di William Pitt il giovane e tutto il transetto, a destra e a sinistra dell’altare maggiore, è occupato dalle sepolture di personaggi storici, tra cui alcuni santi. Il Poets’ Corner custodisce le tombe o le commemorazioni di alcuni letterati e poeti inglesi, come Shakespeare, Browning, Chaucer, Dickens e Kipling e l’altare maggiore di Sir Gilbert Scott è sovrastato da un mosaico in vetro raffigurante l’ultima cena. Dietro l’altare maggiore ci sono le Royal Chapels, delle quali la principale è quella dedicata a Enrico VII, a tre navate con una corona di cappelle, oltre a un centinaio di tombe, quasi tutte di sovrani d’Inghilterra. La statua di Edoardo III, custodita nel museo, è la più antica statua europea in legno del sovrano, mentre nella chiesa abbaziale è conservata la sedia di re Edoardo, dove si siedono i sovrani nell’ambito della loro incoronazione, che si tiene qui sin dal Natale del 1066, giorno dell’incoronazione di Guglielmo il Conquistatore. Read the full article
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"Barriere Culturali" di Riccardo Rescio
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"Barriere Culturali"
di Riccardo Rescio
Parole, parole, parlare, soltanto parole.....
Clima, ambiente, globalizzazione, turismo accessibile, accoglienza, collaborazione, sono le belle parole che costituiscono l’inalienabile complemento, il piacevole ornamento, la gustosa farcitura, il political correct di qualsiasi discorso, presentazione, sermone, dichiarazione di intenti, per politici in carriera, per persone di cultura e di culto, per salottieri di professione, per tuttologi di professione e per una miriade di persone che amano scimmiottare senza conoscere, senza sapere, senza capire.
Parole miliardi di parole dette, cantate, molte anche scritte utilizzando quintali di inchiostro su milioni di pagine di libri stivati in centinaia di migliaia di biblioteche pubbliche e private.
Così, per piacere o per diletto, altri ancora per denaro, cediamo tutti indistintamente alle iperboliche, sfibranti dissertazioni parafilosofiche sul come, il quando e il perché, di fatti e accadimenti, di cui non conosciamo i confini, senza mai considerare le ripercussioni, valutare le opportunità e ipotizzare le conseguenze, lo facciamo ripetutamente, senza mai giungere a niente, lasciando e volutamente ignorando possibili proposte, opportunità o semplici considerazioni, utili per poter contribuire a prevenire o risolvere le grandi problematiche del nostro tempo.
Si dice che siamo un popolo di poeti, navigatori e santi, vero, falso, difficile stabilirlo con certezza, di sicuro ci piace pensarlo, quello che è certo è che siamo un popolo di oratori, capaci di dire tutto con determinazione illuminata e con la stessa illuminata determinazione e spesso senza pudore il suo contrario.
Stranezze, paradossi, assurdità possibili perché in realtà non siamo capaci o ci fa più comodo non capire, ma anche perché non avendo il dono della memoria, dimentichiamo troppo presto tutto. Per noi, oratori di professione, grandi esperti e opinionisti o semplici persone, la difficoltà di mettere in pratica il nostro predicare è costituita dal fatto che abbiamo o pensiamo di avere sempre qualcosa di più importante, sempre qualcosa di meglio o di più impellente da fare, per poter dare alla ragion veduta, alla evidenza incontrovertibile dei fatti, la giusta e doverosa attenzione, l’adeguato rilievo.
Ma si sa è risaputo la storia insegna da sempre che la ragione destabilizza molti e a molti fa paura.
La possibile domanda è se non sia effettivamente proprio il continuo parlare, il tanto chiacchierare, il continuo dissertare, facendo finta di dire, la vera fonte per guadagnare credibilità, prestigio, potere, denaro.
Forse sarebbe meglio e quanto mai opportuno che tutti noi smettessimo di filosofare sui grandi sistemi, di cui ignoriamo tutto e ci decidessimo realmente a fare, per contribuire a cambiare ciò che è motivo del nostro continuo parlare. Le barriere culturali, scientemente realizzate, divengono le più alte, impervie e faticose da superare, la sensazione di fronte alle difficoltà, più presunte che reali, ci portano a ritenere che sia meglio ignorare, poco impegnativo e molto più piacevole accettare la distrazione, che affrontare quel necessario confronto che determina la crescita e l’evoluzione individuale e sociale di un popolo.
Le armi di distrazione di massa, sono le più efficaci al mondo, sono potenti, subdoli, perversi strumenti, apparentemente innocui, che non eliminano fisicamente nessuno, ma che progressivamente distruggono la capacità valutative delle persone.
Il fantasma della libertà che fa salvo il libero arbitrio, in cui ci sentiamo di poter ampiamente fare e agire, ma paradossalmente nei tempi, nei modi e nelle procedure prestabilite.
Le barriere alla cultura non sono altro che le mura fortificate del piccolo e dello sconfinato potere di chi lo detiene, per uscirne da questo circolo vizioso dobbiamo tenere presente che la cosa che più di tutte teme, chi da sempre detta le linee guida, è quella di vedere che la strada della conoscenza e del sapere possa essere irreversibilmente percorsa da chi in piena consapevolezza vuole vivere la vita senza più più subirla.
Riccardo Rescio I&f Arte Cultura Attualità
Firenze 2 agosto 2023
Credito immagine : riccardorescio
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Marina Cvetaeva: la poetessa che amò gli uomini tradendoli tutti
Una vita vissuta nel "nonamore", nella fedeltà solo a se stessa, al proprio essere, amando davvero unicamente la scrittura: Marina Cvetaeva tradì tutti i suoi uomini rimanendo fedele solo al suo ideale di amore inappagato.
In un’epoca in cui erano gli uomini a decidere delle sorti delle loro relazioni, a travolgere di passione, illudere, abbandonare le loro amanti, Marina Ivanovna Cvetaeva era la nave che rema controvento in un mare impetuoso, la voce ribelle fuori dal coro; poetessa prima ancora che donna, secondo il suo ordine di importanza delle cose, l’artista russa aveva la sfrontata attitudine non solo a gestire da sé la propria vita, sentimenti compresi, ma anche a consumare un amante dietro l’altro, mai sazia, mai doma, pur senza lasciare mai il marito, Sergej Efron, osservatore passivo e rassegnato della grandezza di una donna a cui l’amore non bastava.
E non perché ne fosse alla disperata ricerca, ma perché il sentimento non era sufficientemente grande, o importante, se paragonato a cose ben più alte, superiori: al cielo, alla bellezza di un albero piegato dal vento, alle parole e ai versi. Nessun uomo valeva la pena di essere guardato o ammirato più del cielo, pensava, ma nemmeno esisteva una sola donna che lo meritasse, neppure lei.
Una donna per bene non è una donna, scrisse Marina nell’inverno del 1919, mentre alla sua corte si susseguiva un valzer di poeti, scrittori, pittori, attori di teatro, uomini e donne, e il marito Sergej aveva trovato rifugio da lei, dai suoi mille tradimenti, nell’Armata Bianca; alcuni, fra cui Serena Vitale, la più grande studiosa italiana di Marina Cvetaeva, dicono che la sua decisione di arruolarsi fu presa proprio dopo aver scoperto dell’infedeltà della moglie con il fratello attore Petja.
Eppure Marina non si considerò mai un’infedele, perché le sue liaisons amorose avevano una dimensione eterea, irreale, ed erano fatte di quelle parole che, negli anni Venti, nessuno si sarebbe sognato di sentire uscire dalla bocca di una donna, neppure della più emancipata; a tutti i suoi amanti la Cvetaeva chiedeva di non chiedere: di non chiederle una vita insieme, di non chiederle un incontro di corpi, un bacio, perché, era solita dire, “Se baci allora ami“. In compenso, però, lei chiedeva, chiedeva la la fiducia assoluta in quel tipo di amore che conteneva in sé un particolare tipo di fedeltà, la fedeltà all’anima, la fedeltà a se stessi.
“Io devo essere amata in modo del tutto straordinario per poter amare straordinariamente“, scrisse ad Aleksandr Vasilevic Bachrach, un ventenne di di cui si era invaghita, a cui mandò molte lettere “Voglio da Voi, ragazzo, il miracolo. Il miracolo della fiducia, della comprensione, della rinuncia“.
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Until a fine paste
time and lost desire grind with relentless imprecision as the night’s flailings attempt to toss off the day muscles along my shoulder blade cleave my neck like a well-honed knife through a lump of raw meat hard and tight they bend me like a crumpled can until so misshapen and abused I forget who I used to be the pestle pounds a paste in the mortar’s shallow bowl (September 29, 2017)
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professional masochist
I bite the hand of whoever i can i'm sorry im not exactly what you had planned
Dog in the Fight maybe he'll always be right stare at my wounds with such sick delight
call it self-sabotage yeah, it's my camouflage everything right i'll find a way to dislodge
i'm a live hand grenade with no tall barricade just follow the cross i know you'll need first aid
Self-Immolation with no complications whatever it takes for their captivation
#original song#song lyrics#music#alt music#alternative#tw self destruction#personal#self sabotage#sadomasochists#original poety#my poety#poem
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The heat death of the universe
Can you imagine a world where we do not feast on the energy of what we consider lesser existence and that same world would not devour us I cannot The only world I can imagine is one of insatiable hunger devouring all that it comes across- a never-ending appetite until the heat death of its very existence
#poem#poetry#poet#poems on tumblr#poets on tumblr#spilled ink#alt ink#alt text#alt poem#spilled words#spilled poety#poemblr#prose poem#prose poetry#prose writing#writing#writers on tumblr#smallerthantherain#Theheatdeathoftheuniverse
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Theories of Creation
written in response to a friend’s chapbook that I will advertise when it gets released, but oml bless her beautiful soul and also all of yours. tw: engages with Christian religious themes;
One.
It is like watching a seduction. It is like walking through the garden of Eden hearing the leaves rustle where the snake walks.
It is like falling out of paradise, and into love instead.
It is a reconciliation of walking for forty days in the desert with the devil to be saved by the Good Samaritan;
A construction or abstraction of modern friendship that means more than any church.
It is like watching the birth or resurrection of contemporary lit, born again with a little magic spat into the mouth of the dirty, the transgressive; you cannot push a spear into the side of Christ and call it edgy;
You must walk into dens of lions say I exist; say
Just because this is the way things are does not mean this is how they should be;
Perhaps prayer is nothing more than an aspiration for change.
Two.
Perhaps I am watching a confession. Perhaps I am finally a fly on the wall, perfect in my insignificance.
Through a veil I watch you weave stories out of thread, my eye scarce able to watch the needle as you acupuncture experience cupping old trauma, letting it bleed; sometimes we must break bones again when they have healed wrong.
In your words I watch an ark built from nothing save storytelling, watch floods destroy the world as it was, bushfires come so the soil can be fertile; so the land can heal.
Before my eyes you write confession like it is prophecy, tie together threads of trauma and faith, apathy and atheism to create a miracle of resurrection
This is a hymn for the godless, the faithful, and everyone who has ever felt forgotten.
Three.
I am watching a prodigal child come home.
It is like watching them arrive and say no, this is not for me; no longer, experiencing both gratitude for the long weeks when you were sick and some parent brought you soup, stroked your hair and loved you.
It is a rejection of the ways they shamed you; for loving for fighting for surviving.
Sometimes the prodigal child leaves again. No one tells that story.
Four.
Kerouac couldn't stop writing about angels; there is something inherent in the human condition that clamours for the holy;
that makes out of pots and pans a shield and symbol with which to beat hymns not for ideology idolatry but for hope.
Five.
Breathe in, and wait. This is taboo. Breathe out, then in again, this is resurrection, we are endlessly recalcitrant reborn in sin and sanctity.
The strangeness of redemption is that we throw it away every day;
I pack the serpent's apple in my lunchbox as I sell myself each morning;
we are nothing but slaves drenched in servitude for capitalism. Why build brass bulls when
we can worship mortgages, white picket fences, the debt we bury ourselves in
to pay for weddings; perhaps the only expression of love we know is self-inflicting chains.
Six.
Faith is sensuality followed by cannibalism.
Here take this, it is my body. No, it is not innuendo.
Yes, it is an act of love, but that doesn't mean stained glass, white robes, megachurches decorated with flaming crosses are for you, or speak your love language.
How much love can one ask for before it becomes avarice?
Seven.
The idea of baptism is that it is an outward sign of inward change, but so are tattoos. So are piercings, so is the lipstick you wear with such pride;
I have long been tired of being defined by my place on pedestals, and in other people's stories, and I am proud of you every day you tell your own.
Eight.
Sacrament is the cessation of the physical for the pursuit of the ethereal, the fey pursuit of faith is an attempt to keep one foot in the earthly kingdom, another in the kingdom of Heaven;
It is little surprise to me that it drives men mad, or we watch them fall short;
that we ask so much of mortal men is an insanity concocted by faith, and a talk that draws narcissism and ego as much as any good men,
Perhaps there is place in the earthly kingdom for institution, but you were made in Christ's image so perhaps self-love is as valid a form of worship as pouring hope down your throat pretending Communion wine is different to Saturday night escapism.
Perhaps they wrote sixty six books, bound them in a little library to say you are enough;
You have always been enough.
Nine.
The space inside you where you keep your heart is set aside for special purpose. On the days where you have nothing else, believe in that. Ten. You have always been holy.
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~source unknown
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If I could, I would write you
into my passenger seat, my bathroom mirror,
my mornings: your skin
dusted in dawn,
our fingers folded together, as if
we fell asleep praying.
I would write you smiling,
the way you turned your head
and melted.
And when I could, I lived
in a poem where I did
a poem where you were
Looking up at me, looking down,
and waiting in the places
I had always written you.
And if I could, I would rewrite myself
With hands that knew where to begin.
But I would not rewrite you,
Only write you down again,
Until there was page upon page
Upon page
of foreseeable futures and never-ending poems,
legs knocking under the dinner table
and eyes with answers
showing me I didn’t always need to ask,
because you are the only thing I’ve ever
just known,
teaching me to live out loud
and love in quiet.
But maybe I would rewrite the way your words
dug in their claws,
and consider erasing any synonym
for goodbye.
Or maybe I would leave your words be,
and rewrite myself instead.
Rewrite the way I lived off loss
in translation
and the way you bend when I break.
And if I could, I would unwrite
how I caught you at every wrong time,
how I tried and I failed
to show you the beauty in Stockholm Syndrome.
I would unwrite the distance
Between my outstretched hand and yours
Hanging at your side.
And I could write myself a life
where my heart is full of you
and my dreams are full of our hands
and our prayer and our drifting
apart, then back together,
the rise and fall of your chest.
But instead, I will write myself here.
I will write myself space
for new lives and new love
in new shapes and new voices.
And I will write “thank you”
every time I want to write you with me.
If I could, I would write you, b.m.s.
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